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MUSICA

Così parlò TONY HADLEY prima del concerto al Forte di Bard

«Ho un ricordo incredibile dell’altra volta che ho cantato in Valle d’Aosta. E’ stato sul Monte Bianco, e c’era talmente freddo che al mio tastierista Phil Taylor si stavano congelando le dita». La sera del 21 agosto Tony Hadley, il frontman dei mitici Spandau Ballet, è tornato a cantare in Valle. E se la volta precedente si era esibito ai 1700 metri di Plan Chécrouit, sulla grande terrazza ristorante del Super G, questa volta ha cantato nella Piazza d’Armi del Forte di Bard (“fantastic place”, ha ripetutamente più volte), ospite della rassegna Aosta Classica al Forte di Bard. Il progetto, appositamente concepito, si intitolava “Tony Hadley swings in Bard”, e prevedeva lo accompagnasse una Big Band di 18 elementi, diretta da Manuel Pramotton e costituita da musicisti valdostani in gran parte provenienti dalla SFOM e dal Conservatoire de la Vallée d’Aoste.

«E’ fantastico poter suonare con una Big Band.– mi aveva detto prima del concerto Hadley- Amo la musica swing, e, quand’ero ragazzo, a casa mia la domenica mattina si ascoltavano i dischi di Ella Fitzgerald, Tony Bennett, Frank Sinatra, Dean Martin e Sammy Davis jr. Nel 2006 ho pubblicato l’album di jazz-swing “Passing Strangers” ed ho fatto una serie di concerti con una Big Band. A Bard faremo qualche standard, molte canzoni classiche swing e alcuni classici degli Spandau».

E’, infatti, passato da “The Lady is a tramp” a “Just a Gigolò”, da “I wanna be around” e “The Good Life” di Tony Bennett («tutti I bravi cantanti che hanno origini italiane», ha chiosato) a “Wives and Lovers” di Bacharach e “It’s Not Usual” del suo amico Tom Jones.

Brani esaltati dai bravissimi strumentisti valdostani in cui, oltre a Pramotton, si sono ritagliati spazi solistici il trombonista Didier Yon ed il pianista Federico Monetta. L’attesa del pubblico era, comunque, tutta per ascoltare i classici degli Spandau Ballet, di cui, tra il 1979 ed il 1989, Hadley è stato, il frontman. Band che, con la sua musica new romantic, in quegli anni rivaleggiò coi Duran Duran nei cuori delle ragazzine di tutto il mondo.

Al 1983 risalgono “True” e “Gold”, numeri 1 in diversi paesi, cui seguirono i fortunati “Parade” e “Through the Barricades”.

«I nostri momenti top furono la partecipazione al Live Aid del 1985 e, nello stesso anno, l’ospitata al Festival di Sanremo.- ha ricordato Hadley- Con noi c’erano anche i Duran Duran. Eravamo all’apice del successo e fummo oggetto di scene di vera e propria isteria. Ci sembrava di essere i Beatles».

Il preferito di Hadley tra i grandi successi degli Spandau è “Through the barricades”. «E’ la prima nostra canzone– ha spiegato- che racconta una storia, ispirandosi alla guerra di religione, tra cattolici e protestanti, che stava insanguinando l’Irlanda del Nord. In più è una canzone che permette alla voce di respirare quanto la canto, ed ha un fantastico crescendo strumentale nel ritornello».

A Bard ne ha fatto una versione particolare, («molto differente dall’originale») che, dopo un inizio incerto, ha ricreato il climax originario. Oltre alla sua solistica “Tonight Below to Us”, degli Spandau ha interpretato anche “Only When You Leave”, “True” e, sorseggiando il suo amico whiskey Jack Daniel, la finale “Gold”. Il bis, richiesto con entusiamo dal migliaio di spettatori, ha visto il pubblico sotto il palco a cantare con lui l’autobiografica “That’s life”. «I’ve been up and down and over and out, and I know one thing: each time I find myself layin’I just pick myself up and get back in the race”.

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