Per i meno esperti è, forse, utile ricordare che il cantante statunitense Alwyn Lopez Jarreau, più noto come Al Jarreau (Milwaukee 12 marzo 1940), è una delle 45 celebrità del supergruppo “USA for Africa” che nel 1985 interpretò la famosissima “We are the World”. “And so we all must lend a helping hand” vi cantava, a fianco di Michael Jackson, Bob Dylan, Ray Charles e Bruce Springsteen.
Non ebbero, invece, bisogno di tante spiegazioni i tanti suoi ammiratori che il 30 luglio 2011 affollarono il Teatro Romano, dove Jarreau si esibì per “Aosta Classica”.
Partner di musicisti come Miles Davis e George Benson, Jarreau si confermò molto di più di un cantante dal timbro vocale inconfondibile o di un funambolico imitatore di strumenti. «La musica è sempre nella mia testa.- mi spiegò prima del concerto- La immagino come canzoni nella loro globalità e non solo come parole, perché sennò sarebbe poesia e non musica. Non suonando nessuno strumento, per riuscirvi uso la mia voce, con la quale faccio del mio meglio per comunicare al pubblico emozioni.»
Nella cornice del Teatro Romano ci riuscì particolarmente bene, anche perché, nonostante l’età e gli acciacchi, dimostrò di conservare la verve di intrattenitore perfezionata agli esordi quando si esibiva nei nightclub negli intervalli degli shows di star della comicità come Bette Midler e John Belushi. L’infinita gamma di smorfie della sua faccia si riflesse, mentre cantava, nell’arcobaleno di sfumature della voce che, con un processo di composizione istantaneo, ricrearono e fecero propri i motivi in scaletta.
La sua impressionante versatilità vocale è, del resto, testimoniata dal fatto che è l’unico cantante ad avere vinto i Grammy Awards (gli Oscar della musica americana) in tre differenti categorie: jazz, pop e R&B.
«Ho portato il mio stile in tutto quello che ho fatto.– precisò- Penso che la cosa più semplice sia considerarmi un cantante jazz. Ma sono cresciuto nella periferia di Milwaukee ascoltando ogni tipo di musica: dal jazz alle polche, dalla musica di chiesa al bebop. Per cui nel mio stile attuale ci sono tutte queste influenze. Il jazz, in ogni caso, è molto importante per me.»
Ad Aosta lo accompagnò una meravigliosa band formata da Joe Turano (sassofoni, tastiere e direzione musicale), John Calderon (chitarre), Chris Walker (basso e, anche lui, bravissimo cantante), Mark Simmons (batteria) e Larry Williams (piano e flauto). «Sono contento di condividere una parte della grande storia di questo antico Teatro Romano.- commentò- La scaletta di questo concerto prevede alcune canzoni dei miei primi album, che contengono alcuni miei successi, e del materiale nuovo, compreso “Double Face”, che lo scorso autunno è stato nelle classifiche europee e adesso lo è negli USA.»
“Double Face” è frutto della collaborazione col musicista italiano Lino Nicolosi, quali altri rapporti ha con la musica italiana?, chiesi. «Lo scorso anno ho registrato con i Musica Nuda e Mario Biondi. L’Opera italiana, poi, è fantastica e quando mi esibisco in Italia a volte canto la mia versione di “Caruso” e mi piace molto quando il pubblico la canta con me.»
Ad Aosta non cantò “Caruso”, in compenso finì con una versione da pelle d’oca di “Your Song” di Elton John, la canzone che l’ha reso celebre in Italia. E furono, sicuramente, in tanti a dedicargli i versi: How wonderful life is while you’re in the world.