Non si può restare indifferenti ad un concerto di Misha Maiskij, il grande violoncellista lettone (nato il 10 gennaio 1948) che il 9 dicembre 1999 si esibì ad Aosta con la pianista Daria Hovorà.
Anche il pubblico del teatro Giacosa fu, infatti, ammaliato dal virtuosismo di questo allievo di Piatigorkij e Rostropovich, dal suono del suo preziosissimo “Montagnana” nel 1720 («lo stesso anno in cui Bach compose le Suite per Cello», fece notare) e, “last but not least”, dalle sue svolazzanti mises firmate da Issey Miyake, così inconsuete per un musicista classico.
«Questo look è partito da una ragione pratica: è più comodo.- disse con flemmatica ironia Maiskij- E, poi c’è una forma di inconsapevole protesta per il cliché serioso del musicista classico che, secondo me, è sbagliato perché la grande musica non è affatto seriosa. L’immaginazione dei giovani è colpita dalla musica classica, solo che quando poi vedono i musicisti che la suonano gli appaiono come tanti buffi pinguini. Non dobbiamo indossare un’uniforme, non siamo mica militari! Purtroppo spesso la gente equivoca il mio look: per me il concerto non è una sfilata di moda, non salgo certo sul palcoscenico per fare vedere il mio bel vestito Christian Dior o Armani. La cosa importante rimane la musica, ma tutto ciò che mi aiuta a suonare al meglio va bene: anche degli abiti che mi facciano sentire a mio agio».
Bravissimo nelle sonate per pianoforte e violoncello di Mendelssohn e Brahms, fu superbo nelle trascrizioni dei lieder degli stessi autori ed in alcuni pezzi brevi di Faurè e Massenet concessi come bis. «Da quando avevo 13 anni ho sempre sognato di suonare delle “canzoni senza parole” con il violoncello, perché la sua voce strumentale è quella più simile a quella umana. Tra gli innumerevoli meravigliosi pezzi esistenti bisogna però operare un’accurata selezione: io, per esempio, scelgo soprattutto in base al testo. Suonare delle romanze senza testo è in ogni caso un’operazione più che lecita perché- come hanno detto grandi poeti e filosofi- la musica inizia dove finiscono le parole.E’ questa la ragione per cui è il linguaggio più internazionale».
I brevi pezzi concessi come bis hanno fatto anche la sua fortuna discografica, risultando tra i più venduti nella sterminata discografia che conta più di 50 dischi pubblicati per la Deutsche Grammophon. «Quando nel 1987 nacque mia figlia Lilly (diventata una valente pianista: n.d.r.) le dedicai il CD “Meditation” – concluse- conteneva diciotto brani nei quali ritrovavo le caratteristiche del violoncello. Quando, poi, nel 1989 fa è nato mio figlio Sasha (divenuto, poi, una violinista: n.d.r.) ho ripreso questa idea registrando con l’orchestra il CD “Adagio”. Sono lavori che hanno avuto molto successo, per cui adesso molta gente mi chiede: perché non fai ancora figli?».