«Ha fotografato rivoluzioni, uomini famosi, paesi sconosciuti. Ha fotografato vulcani in eruzione e distese bianche di neve al Polo a sessantacinque gradi sottozero. La macchina fotografica fa parte ormai della sua anatomia, come il naso e gli occhi.»
Bruno Munari ha così descritto il suo amico Mario De Biasi, uno dei decani del fotogiornalismo italiano. Nato a Belluno nel 1923, ma vissuto quasi sempre a Milano, a partire dal 1953 De Biasi è stato fotoreporter di Epoca, giornale per il quale, in più di trent’anni, ha realizzato centinaia di copertine e innumerevoli reportage da tutto il mondo. Come quello, leggendario, in cui documentò la rivolta d’Ungheria del 1956 guadagnandosi l’appellativo di “Italiano pazzo”.
Perfino in quell’occasione riuscì a cogliere, con la foto di un bacio, la forza irresistibile dell’amore nonostante tutto. «In mezzo a tanta crudeltà, tanto sangue c’era questa immagine poetica.– ha raccontato- Al termine della rivolta, sono tornato a Budapest da Vienna con l’autista. Mentre andavo verso il confine austro-ungarico, c’era un fiume che le persone attraversavano passando su una fune di ferro; c’era una signora con una cesta con dentro il bambino e dall’altra parte il marito che li stava aspettando. Ho scattato tutta la sequenza e questo è il bacio verso la libertà.»
E’ una delle foto di “Un mondo di baci”, la mostra organizzata dall’Assessorato regionale all’Istruzione e Cultura all‘Espace Porta Decumana di Aosta, che, iniziata il giorno di San Valentino, resterà aperta fino al 26 maggio 2012. «Il bacio è una cosa straordinaria– continua De Biasi- con un bacio si possono ottenere molte cose, e, a volte, basta un bacio per cambiare lo stato d’animo di una persona. Un bacio, se dato con entusiasmo, con simpatia e con amore, è tutto.»
Le foto in mostra raccolgono baci catturati in giro per il mondo tra gli anni Cinquanta ed oggi. A partire dal primo, “rubato” nel 1953 mentre stava realizzando un libro sui giardini di Milano.«Stavo inquadrando un particolare del giardino e ho visto questa donna in punta di piedi che stava baciando il suo uomo non più giovanissimo, una scena bellissima… La foto che fa da manifesto alla mostra l’ho, invece, scattata mentre stavo facendo un servizio su Parigi, e, con il teleobiettivo, dalla Tour Eiffel stavo inquadrando i tetti della città. Mentre cercavo dei soggetti, ho visto questi due giovani sulla panchina che si erano costruiti la loro stanza con delle sedie attorno. Sono sceso subito di corsa, a piedi perché c’era una fila lunghissima per scendere in ascensore e avevo paura di non trovarli più, e, invece, li ho trovati ancora lì a baciarsi.»
A proposito di baci.
Da “Ritornare in bicicletta”
…Teneva lo sguardo ostinatamente fisso ai piedi, poi alzò improvvisamente le ciglia e mi squadrò con strani occhi, tanto pigri e insolenti, che tossicchiai turbata sentendomi impallidire. – Ciao.- e mi tese la mano. La sua mano mi dava il batticuore e l’idea mi toglieva il fiato. Lentamente sprofondavo nel calore di quella mano. Lo sentivo salire lungo il braccio fino a crepitare nel cervello, e le cose si contorsero, divennero nere. Poi diventarono grigie. Poi scomparvero.
Quando il sole si fece rosso tornammo a casa. I cani abbaiavano nella sera fresca. Un colombo che non teneva la nostra mano sussultando si scansò. Io ero contenta. Una musica risuonava nella casa vicina e correva attraverso i campi. Per me andava tutto benissimo. Baciai un’ ombra e spensi la luce.