Non poteva esserci partenza migliore che un concerto di Stefano Bollani per la quinta edizione dell’Aosta Sound Festival, che coi suoi sette concerti, divisi nei due ultimi weekend di giugno, si propone come “festival della musica globale, a 360 gradi”.
Definizione che si adatta perfettamente al quarantunenne pianista, nato a Milano ma toscano d’adozione, che il 21 giugno si è esibito allo stadio Puchoz con il trio formato coi danesi Jesper Bodilsen (basso) e Morten Lund (batteria). La sua cifra stilistica è, infatti, l’ecletticità. Non solo musicale, visto che ha scritto tre libri e condotto programmi come “Il Dottor Djembe” (in onda su Radio Tre dal 2006) e “Sostiene Bollani” (in onda su Rai 3 dal 2011) che gli hanno dato la celebrità.
E’, però, l’onnivora curiosità musicale a caratterizzarlo, quella stessa che, accanto ad una lunga ed onorata carriera jazzistica (con collaborazioni con gente del calibro di Enrico Rava e Chick Corea), lo porta a continue “sbandate” eccellenti: dalla canzone d’autore alla musica brasiliana, dal Festival di Sanremo alla classica. «C’è chi mi accusa di essere dispersivo– ha ribattuto prima del concerto- ma questo presupporrebbe che ci sia qualcosa da preservare, che in questo modo, invece, disperderei. Faccio così perché altrimenti mi annoierei e perché ho tanti stimoli e molte curiosità. E, poi, suonando con tanta gente diversa finisco per arricchirmi musicalmente, rubando, in senso buono, emozioni e stimoli.»
Ne è un esempio il Danish Trio con cui si è esibito al Puchoz, che è nato, nel 2002, a Copenaghen, durante la cerimonia di consegna del Jazzpar Prize a Enrico Rava. «Lì conobbi, per caso, Jesper e Morten,– ha raccontato Bollani- e tra noi si stabilì subito una magica intesa che è cresciuta negli anni. E’ il mio gruppo jazz ideale perché non abbiamo bisogno di prove né di parlare tanto della musica che faremo. Saliamo sul palco senza fare la scaletta e la costruiamo man mano ascoltandoci sempre molto attentamente.» Per gli spettatori del Puchoz, quindi, più che anticipazioni, Bollani ha preferito dare un consiglio: «Mi piacerebbe che vengano senza aspettative, perché sarebbe bello che si siedano e si lascino stupire senza pensare a cosa verrà suonato sul palco.»
Magicamente, almeno per Aosta, è proprio quello che è avvenuto per gli 800 spettatori accorsi nonostante la serata promettesse pioggia (che, a metà concerto, è, infatti, arrivata). Tutti stregati dalla bravura e comunicativa del trio. Anche perché, accanto al jazz più rigoroso e sfavillante, non sono mancate una rivisitazione assorta di come “Bugiardo e incosciente” e una più sbracata di un medley “Besame Mucho”/ “Billie Jean”, con Bollani ad evocare al canto prima Tom Waits e, poi, i griots africani in un botta e risposta con la platea. Non sono mancati, infine, alcuni pezzi, tutti di Bollani, registrati due settimane fa a New York per il nuovo cd, che sarà pubblicato il prossimo anno, che ha come ospiti il sassofonista Mark Turner ed il chitarrista Bill Frisell.
Il tutto condito dalle gag (come il suonare il piano in posizioni bizzarre) che riflettono il lato giocoso di Bollani, facendone il jazzista italiano coi concerti più affollati. «Adesso che il jazz è riuscito ad entrare alla Scala tutti stanno zitti ad ascoltare,- ha concluso- ma è una musica nata come musica popolare d’intrattenimento che si ballava ed ascoltava nei bordelli.» Si è finito, inevitabilmente, con applausi scroscianti e ripetute richieste di bis, ma, anche, con un Bollani che nel dopo concerto appariva molto affaticato. «Sono sempre stanco, mi addormento in ogni occasione e posizione.- ha confessato- Non, però, quando sto facendo cose che mi piacciono, per cui quando vado in giro a suonare riesco ancora a tenere botta.»