La presentazione della nuova compagnia teatrale valdostana “Teatro del Mondo”, avvenuta il 12 marzo all’Osteria La Cave di Aosta, non ha avuto niente dell’asettica e noiosa tranquillità che spesso caratterizza le conferenze stampa in Valle d’Aosta.
Si sono, infatti, avverate le premesse lanciate dall’invito, in cui si parlava di “Teatro del Mondo, primo e raro esempio nella storia del teatro valdostano, nato dalla fusione di Envers Teatro e Arti di Eris”, e dalla presenza dell’istrionico attore Valeriano Gialli, direttore artistico con Paola Corti della nuova compagnia.
A confermarle ha provveduto subito l’impatto con il logo, creato da Pierfrancesco Grizi, che presenta un insolito teschio. Stilizzato, cangiante in varie versioni e incrociato con una lampadina, ma, pur sempre, un teschio. Come nella Jolly Roger, la bandiera che i pirati issavano sul pennone delle navi per avvertire la nave aggredita che ci sarebbe stata lotta senza quartiere e senza scampo.
Arrembante, in particolare, Gialli è stato quando ha parlato della situazione del Teatro in Valle. Basta, ha detto, coi finanziamenti a pioggia, basati su criteri legati alla quantità piuttosto che sulla qualità. Ma basta, anche, coi tatticismi dell’Assemblea dei teatranti valdostani, recentemente costituitasi, che, dopo un primo momento di dialogo collettivo, «ha deciso di occuparsi solo di aspetti sindacali ed amministrativi.»
«Ci siamo stancati– ha detto la Corti- di aspettare ed essere diplomatici: è necessario muoversi e cambiare, proporre qualcosa di nuovo.» E Gialli ha aggiunto: «E’ necessario che si faccia un discorso basato sulla qualità e la scelta. Finora in Valle d’Aosta le compagnie si sono divise per partenogenesi, con qualcuno che si staccava da un corpo originale per creare gruppi che accedevano, a loro volta, ai finanziamenti a pioggia. Oggi, che le fettine della torta dei contributi regionali si sono fatte sempre più piccole, bisogna, necessariamente, cambiare questo modo di ragionare. Non tolleriamo gli spettacoli realizzati con denaro pubblico sciatti, incolti, senza pensiero e difettosi, che ignorano ingenuamente la tradizione e l’essenza del Teatro. Si può rinnovare e luteranamente riformare, ma non snaturare. Una religione si può riformare, ma non le si può togliere Dio. Al Teatro non si può togliere il Teatro.»
Una rottura con l’ancien regime culturale sancita anche dal nome: Il Teatro del Mondo. «Negli anni c’è stata una gara a legare il proprio nome a quello di Aosta, ma la cosa più importante per il Teatro non è appartenere ad un luogo quanto, piuttosto, aprirsi al mondo.» Ecco, quindi, il rifarsi al progetto di Aldo Rossi creato per la Biennale di Venezia 1979: quello di un teatro su una chiatta, che, navigando sull’acqua, fosse capace di spostarsi con il suo pubblico e le sue idee.
Anche per questo i primi progetti della nuova compagnia si realizzeranno fuori Valle: a Genova, dove a fine aprile, Gialli metterà in scena i tanti «cattivi» di Shakespeare, ed al Festival di Asti, dove tra giugno e luglio, Paola Corti sarà protagonista, con due ballerine, de «Il re del plagio», primo allestimento italiano di un’opera del fiammingo Jan Fabre.
“Teatro del Mondo– scrivono i due attori nella brochure di presentazione- mira a una sintesi tra classicità e avanguardia, tra memoria e modernità: recupero del passato e della memoria coniugato con le forme dell’avanguardia…Se gli fosse possibile, Teatro del Mondo, sarebbe per un teatro evocativo e insieme sconcertante, esuberante nelle forme, intenso, rapido, musicale e multimediale, corpo e spirito, attore-corpo-spirito-parola-emozione-movimento al centro della scena…sulle più delicate e semplici tematiche spirituali e morali di ogni tempo e sulla condizione umana contemporanea.”