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Lo zucchero di ENZO IACCHETTI fa mandar giù “pillole” del GIORGIO GABER più amaro

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1 Iacchetti 2014-11-27 00.28.58Ma che c’azzecca il nazionalpopolare Enzo Iacchetti con l’eretico Giorgio Gaber? Il 26 novembre la domanda mi è ronzata a lungo in testa assistendo alla 97^ replica allo spettacolo “Chiedo scusa al Signor Gaber”, con cui il sessantaduenne attore, comico e cantante lombardo si è presentato sul palco del Teatro Splendor di Aosta accompagnato da un quartetto di bravi musicisti.

I due mondi, alla prova dei fatti, si sono, infatti, confermati lontanissimi. Da una parte l’inimitabile corrosivo sarcasmo del teatro-canzone del cantautore milanese, dall’altra i simpatici, ma nulla più, monologhi (scritti con Giorgio Centamore) che Iacchetti ha alternato a rivisitazioni dei successi del primo Gaber, quello, ancora inserito nel sistema, che imperversava negli show della prima serata Rai.

1 Enzo Iaccetti (73)Perché l’ironizzare, come ha fatto inizialmente il comico, su temi come dimensioni del pene e salutismo dei pensionati, è, sicuramente, un modo infallibile per creare divertita complicità con il pubblico (specie quello attempato che affolla gli spettacoli della Saison), non certo per scuoterne le coscienze.

Uno stridente contrasto a cui, come ha raccontato Iacchetti, lo stesso Gaber, di cui era amico, aveva, in un certo senso, dato una soluzione: «Ad un certo punto volevo darmi, come lui, al teatro canzone, ma Giorgio, che consideravo Manitou, mi convinse a continuare a fare televisione

L’appartenenza è avere gli altri dentro di séaveva, del resto, scritto il cantautore, e i tantissimi fans “dentro” Iacchetti volevano e vogliono da lui la battuta sorniona più che l’impegno civile e l’avvelenata invettiva dell’ultimo Gaber.

1 Enzo Iaccetti (34)Solo che Iacchetti è una capatosta, uno che non si accontenta di vincere facile, per cui, con il progredire dello spettacolo, qualche pillola amara ha cominciata a buttarla là. Addolcita e diluita dallo zucchero di popolari canzoni di Gaber, ”distrutte e ricomposte in modo surreale” con ben 48 citazioni musicali, e da battute che non hanno risparmiato la realtà valdostana (La ristrutturazione che avete fatto delle Porte Pretoriane sembra un ponte militare. Non bastava mettere una ringhierina?).

1 Enzo Iaccetti (30)Ecco, dunque, spiegato il leit motiv di Se ci fosse un uomo” che ha attraversato tutto lo spettacolo: dall’iniziale citazione al termine dell’invettiva contro i giornalisti colpevoli di aver scatenato una campagna mediatica su una presunta dipendenza di Iacchetti dal vizio del gioco (“non era prevista, ma è venuta bene”) all’esecuzione integrale della canzone (“se ci fosse un uomo affascinato da uno spazio vuoto popolato da chi odia il potere e i suoi eccessi, ma che apprezza un potere esercitato su se stessi”).

Ecco, soprattutto, il coinvolgente monologo sugli infingardi, quella massa di apatici, passivi e falsi, con sé stessi prima che con gli altri, che in Italia inghiottono, come sabbie mobili, qualsiasi tentativo di cambiamento.  “I mostri che abbiamo dentro”, contro cui metteva in guardia Gaber, che, logorando interiormente chi gli sta a contatto, non fanno intravedere “come fare ad essere contro”. Quelli che costituiscono i migliori custodi di uno status quo in cui di libero c’è solo il mercato (Ma come? Con tutte le libertà che avete, volete anche la libertà di pensare?”) Quelli che avevano fatto cantare, indignato, a Gaber “io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono”. Quelli che, per il calcolo delle probabilità, non potevano non essere presenti anche allo Splendor. Solo che, ammaliati dall’abilità e dal carisma del più rassicurante Iacchetti, non si sono riconosciuti, e con le loro risate ed applausi, hanno contribuito a decretare il pieno successo dello spettacolo.

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