L‘incontro del 7 marzo, a Gressan (AO), con il giornalista de “La Stampa” Domenico Quirico poteva, volendo, durare un solo minuto.
Giusto il tempo di mostrare alla folla accalcatasi nel salone del Castello Tour de Villa (in molti hanno dovuto rinunciare ad entrare) la copertina del suo libro “Il grande Califfato” (Neri Pozza, 2015).
A dominarla è, infatti, una cartina geografica nella quale sono segnati, in nero, gli obiettivi finali del Califfato proclamato nel giugno 2014 da Abu Bakr al-Baghdadi. Al termine della guerra santa lo Stato Islamico dell’Iraq e della Siria (il famigerato ISIS) si dovrebbe annettere mezza Africa ed Asia, i Balcani e la Spagna. «Dopo che, per anni, è stato l’Occidente a proclamare guerre, adesso sono loro ad averci dichiarato guerra», ha osservato Quirico. Aggiungendo:«Anche se noi tentiamo, disperatamente, di far finta che non sia così.»
Il giornalista astigiano è stato, forse, il primo a capirlo durante il suo “soggiorno obbligato” in Siria, quando, nel 2013, inviato de “La Stampa”, fu tenuto prigioniero per 152 giorni dagli uomini della brigata del feroce emiro Abu Omar. “Ero prigioniero da quasi due mesi- scrive nel libro- quando l’emiro mi parlò del califfato… «Cristiano, tu non sai niente, il vero cambiamento è nelle mani di Dio…- disse- Con il suo aiuto spazzeremo via Bashar e uccideremo tutti gli alauiti, razza di Satana, miscredenti… anche le donne e i bambini. Non ne resterà nessuno in Siria e cacceremo i cristiani che non accetteranno di pagare la tassa. Costruiremo, sia grazia a Dio Grande Misericordioso, il califfato di Siria… Ma il nostro compito è solo all’inizio. Poi sarà la volta degli altri capi traditori, in Giordania in Egitto in Arabia: uno a uno. Alla fine il Grande Califfato rinascerà, da al-Andalus fino all’Asia. Siamo nella dimora della guerra dar al harb, ci è lecito uccidere per difendere la fede»…
Quirico capì, così, che il totalitarismo islamista era nato. Silenziosamente, era sorta una realtà totalitaria che, secondo il giornalista, condizionerà la storia del mondo nei prossimi 20-30 anni. «Rispetto alle dittature,– ha continuato- i totalitarismi operano una separazione degli individui in puri ed impuri. Non tanto in base a quello che gli individui fanno, ma, piuttosto, a quello che sono. Il criterio che il Califfato usa per separare è il professare o meno un certo tipo di Islam.»
Non a caso per il pilota giordano catturato è stata scelta la morte più atroce ( è stato bruciato vivo il 3 gennaio) in quanto, essendo mussulmano, per l’ISIS era doppiamente un traditore. Indossava, tra l’altro, la stessa tuta arancione degli ” attentatori o terroristi” arabi imprigionati dagli americani a Guantanamo. Quella degli altri ostaggi sgozzati nel corso di cerimonie che sanno molto di rito sacrificale, e che, secondo Quirico, sono diffuse massmediaticamente più come monito interno all’Islam che per far spaventare gli occidentali. «Voi non fate parte della nostra attenzione, non ci interessate», gli ripetevano, infatti, in Siria.
Fondamentale per capire quanto siano diversi gli “omicidi seriali che, contemporaneamente, sono convinti di essere dei Santi” islamici è, secondo Quirico, il diverso modo di intendere lo spazio (“è un progetto globale, che non si arresta colpendo uno dei suoi tanti epicentri”) e, soprattutto, il tempo. «In noi Occidentali prevale il presente con qualche piccola proiezione in un futuro molto prossimo. Il passato non conta nulla. Invece i mussulmani sono in rapporto di contemporaneità col passato. Per il miliardo abbondante di mussulmani l’Ègira è come se fosse successa stamattina. E contemporanea è anche la rabbia per le umiliazioni subite ad opera degli infedeli negli ultimi secoli. Da qui l’accanimento e la ferocia.»