Quattro secoli di storie d’amore, cantate di quattro lingue da tre protagonisti del mondo musicale italiano. E’, in estrema sintesi, quello che si è potuto ascoltare il 31 marzo nell’Auditorium del Conservatorio di Aosta, in occasione del concerto “Così si canta d’amore”. Sul palco c’erano, infatti, due bravissimi cantanti valdostani (il soprano Arianna Donadelli ed il baritono Federico Longhi) ed un grande critico musicale, Lorenzo Arruga, che, oltre ad accompagnarli al pianoforte, ha sviluppato il tema che da sempre è il più trattato nell’Arte: l’Amore.
Si è partiti dal Monteverdi di “Lasciatemi morire” per arrivare al duetto di Papageno del “Flauto Magico”, passando da classici come “Il balen del suo sorriso” dal Trovatore di Verdi e “Là ci darem la mano” dal Don Giovanni di Mozart a divagazioni moderne sul tema come “Malìa” di Tosti e “Tonight” da “West Side Story” di Bernstein.
«Si è vista l’estrema varietà con cui è stato cantato l’amore nei secoli e nelle civiltà,- ha commentato Arruga- Certo, nella magia del teatro l’opera porta a tutt’altri incantamenti, ma in una serata che abbiamo fatto ad agosto al Castello Tour de Villa di Gressan avevamo visto che è apprezzato il nostro coraggio di portarla nuda ma non semplificata. Vista per flash, per istanti, per considerazioni.»
La qualità del progetto è garantita dal settantanovenne critico milanese. Autore di saggi, romanzi gialli, pièces teatrali e libretti d’opera, ha inventato e condotto cicli radiofonici, televisivi e spettacoli teatrali e fondato e diretto per 16 anni la rivista “Musica viva”. «La Donadelli ha una luce nel canto e si esprime molto bene recitando.– ha commentato- Come tutte le cantanti piccole, belle e spiritose, è in genere impiegata come cantante lirico leggera, ma, per mio conto, ha un potenziale lirico drammatico. Longhi mette insieme la bella voce dal timbro suadente con l’ironia simpaticamente divistica che è propria del baritono comico, ma sa rendere il distacco nostalgico del baritono lirico drammatico.»
Com’è il rapporto del pubblico italiano con la Lirica? «L’Opera era fatta per un pubblico molto frammentario ma popolare. Poi, a poco a poco, si è imborghesita e non è stata più tramandata alle giovani generazioni. Nel corso della mia attività mi sono, però, accorto che, quando si riesce a far capire ai giovani che è uno specchio del loro modo di vivere, se ne innamorano. Una mia allieva una volta mi ha detto: avevo paura di accostarmi all’opera perché credevo parlasse di cose lontane, invece mi sono accorta che parlava di me.»
