Il balafon, strumento caratteristico dell’Africa Occidentale sub-sahariana, può considerarsi l’antenato dello xilofono e della marimba (che, secondo alcuni studiosi, sarebbe nata in America ad opera di schiavi africani). Anche per questo si intitolava “Racines” il concerto che la sera del 5 maggio ha visto protagonisti, al Teatro Splendor di Aosta, alcuni straordinari balafonisti del Burkina Faso, nell’ambito della Saison Culturelle. «L’ho chiamato così sia perché il balafon è alla radice delle marimbe e degli xilofoni, sia perché l’Africa è la radice di molte cose, a cominciare dal ritmo.» Così ha spiegato il percussionista aostano Marco Giovinazzo che ha organizzato il concerto con l’associazione Tamtando, coinvolgendo la Scuola di Formazione e Orientamento Musicale, dove insegna, il Conservatoire de la Vallée d’Aoste, il Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino e, appunto, l’Ensemble Artistique de Bolomakoté.
Bolomakotè è il quartiere artistico di Bobo Dioulasso, la seconda città per importanza del Burkina Faso dopo la capitale, Ouagadougou. E’ anche il centro della musica tradizionale del paese, e, negli anni Settanta, ha espresso il leggendario gruppo dei Farafina che ha collaborato con Ryuichi Sakamoto, Jon Hassell e, in “Steel Wheels””, coi Rolling Stones. Nel 1990 vi entrò il dicianovenne Yaya Outtarà, registrando nel 1993 l’album “Faso Denou”, prodotto da Daniel Lanois per la Real World di Peter Gabriel, con cui fece tour mondiali. Tornato a Bobo Dioulasso ha formato, con altri balafonisti e percussionisti, l’Ensemble Artistique de Bolomakoté.
«Lì li ho sentiti suonare un anno e mezzo fa e mi sono innamorato della loro musica– racconta Giovinazzo- Ho parlato con Yaya ed ho deciso che bisognava portare il progetto in Italia, unendolo ad un ensemble di marimbe e vibrafoni della mia classe della SFOM, ma, anche, di quella di Mauro Gino al Conservatoire de la Vallée d’Aoste, e di Riccardo Balbinutti al Conservatorio di Torino.»
Sul palco dello Splendor sono, così, saliti una ventina di musicisti che hanno eseguitio arrangiamenti delle musiche originali che Yaya Ouattara ha scritto rifacendosi alla tradizione Burkinabé con le influenze dei grandi musicisti con cui ha suonato in questi anni. «Sono composizioni molto articolate e ricercate, che lui chiama balafon jazz», ha precisato Giovinazzo. C’è stato ampio spazio anche per un set del solo ensemble burkinabè di cui, oltre a Yaya Ouattara facevano parte Seydou Dembélé, Makan Dembélé Lamoussa Sanou, Sénimi Koné, Brama Sanou e Bie Ahmed Traoré. Musica che aveva già entusiasmato nel corso dei concerti del minitour italiano che aveva toccato il Conservatorio di Torino (il 3 maggio) ed il Festival RivoliMusica ed il Teatro Fassino di Avigliana (il 4 maggio).
