
Alcuni la chiamano danza illusoria. Altri danza aerea. Per Emiliano Pellisari quella che il 9 e 10 aprile si potrà ammirare al Teatro Splendor di Aosta è molto di più. Lui l’ha chiamata NoGravity Dance, perché, seguendo il filo conduttore dell’Inferno dantesco, sfida le leggi della fisica, trasformando le evoluzioni dei ballerini in immagini spettacolari.
L’ideazione, le scene, i costumi e le luci sono di Pellisari. La coreografia l’ha, invece, curata con la moglie Mariana Porceddu che è anche la prima ballerina (gli altri sono Eva Campanaro, Francesco Saverio Cifaldi, Giada Inserra e Leila Ghiabbi).
Che cos’è la dansa illusoria? «In passato– risponde Pellisari- avevo creato una macchina teatrale che dava l’illusione della danza aerea attraverso artifici legati alla tradizione del grande illusionismo, da Erone d’Alessandria in poi. Adesso fondamentalmente usiamo uno specchio grande come un appartamento posto sopra la nostra testa. Il danzatore sta per terra, e quelli che si vedono sono i suoi movimenti riflessi. Nello spettacolo che portiamo ad Aosta ho usato una nuova tecnica, che ho chiamato NoGravity 3D, in cui, non solo si vede il corpo del danzatore riflesso, ma anche il suo corpo a terra, e le due immagini, fondendosi, creano una terza immagine. E’ una tecnica complicatissima perché ogni volta che fai un movimento devi studiartelo in tre modi differenti: com’è a terra, com’è riflesso e come sono insieme».
Com’è nata la NoGravity Dance? «Deriva da studi che vanno dal teatro greco allo straordinario teatro del Rinascimento e alle invenzioni meccaniche del Seicento. Riprendendo la grande tradizione barocca italiana del teatro delle meraviglie, in cui le botteghe degli artisti di Firenze, Roma o Milano, progettavano e costruivano apparati che incantavano le corti europee. Grande coreografo è stato, per esempio, Leonardo Da Vinci, che ha realizzato una marea di feste. Poi il teatro borghese dell’Ottocento ha fatto sparire dagli spettacoli l’illusionismo, la danza e la musica. Noi torniamo alle origini, rimettendo l’artificio e l’illusione al centro della drammaturgia».
Parafrasando Gian Battista Marino si può, quindi, affermare che nei vostri spettacoli “é dell’artista il fin la meraviglia”? «Con questo “Inferno”, con Mariana protagonista sia come interprete che coreografa, siamo andati oltre la meraviglia. Ci sono anche violenza, emozioni fortissime e scandalo per la potenza del corpo nudo che va oltre ogni limite». Come mai la scelta di ispirarsi all’Inferno della Divina Commedia? «Se da una parte ho impulsi rivoluzionari, dall’altra ho un occhio rivolto ai Classici. La Commedia ha un immaginario particolarmente adatto alle mie corde, e l’Inferno, in particolare, si presta al mio modo di pitturare l’aria con la danza».
Qual’è l’importanza di sua moglie Mariana in questo lavoro? «Mariana non è solo ballerina, ma anche music designer e, con me, coreografa. Ci abbiamo messo 12 anni, ma questa volta siamo riusciti a diventare una coppia artistica nel vero senso della parola».