“Us and Them”. Si rivelò non casuale il titolo dell’omaggio ai Pink Floyd che il 23 agosto 2009 caratterizzò la “restitution” ufficiale del Teatro romano di Aosta alla collettività, dopo 24 anni di restauri conservativi.
Noi e Loro. Gli “ordinary man” e i vip, chi ha e chi no, chi può scegliere cosa fare e chi no. La madre di tutte le guerre che per una sera ebbe una tregua all’ombra (metaforica) di un Teatro che evocava antiche grandezze, illuminato da Lilliana Fumasoli e da musicisti (virtuali, i “Pink Floyd”, e reali, la “all star band” di Rita Marcotulli) assolutamente degni della cornice alle loro spalle.
«La musica dei “Pink Floyd” è fatta di atmosfere e suggestioni– mi disse, prima del concerto, la Marcotulli- per cui, suonandola in un Teatro Romano come quello di Aosta la riuscita del concerto è sicuramente maggiore. Come diceva, poi, Picasso, gli stati di pienezza e di “restitution” sono il segreto dell’Arte, per cui anche noi musicisti finiamo per restituire le sensazioni date dalle cose belle e sincere della vita. E questo vale ancora di più se si trovano compagni, come i miei, che sanno capire al volo in quale direzione musicale voglio andare e coi quali mi trovo bene anche umanamente. Questo fa sì che quando si suona si stabilisca una specie di elettricità che permette di tirar fuori il meglio.»
Di elettricità, quella sera al Teatro Romano, ce ne fu sicuramente tanta, perché, con la Marcotulli, suonarono musicisti della personalità di Andy Sheppard (sassofoni), Fausto Mesolella (chitarra), Giovanni Tommaso (contrabbasso), Pippo Matino (basso), Mark Modesir (batteria), Michele Rabbia (percussioni e campionatori) e Raiz, voce storica degli Almamegretta.
«Nella mia adolescenza ho ascoltato molto i “Pink Floyd”.- continuò la Marcotulli- Indubbiamente il disco più consumato è stato “The dark side”, ma per fare questo progetto li ho risentiti un pò tutti, finendo per usare i pezzi che si prestavano di più alla rielaborazione. Mi sono, così, accorta che, togliendo il sound e l’arrangiamento, rimanevano delle canzoni meravigliose per melodia e armonia. A dimostrazione che, come diceva Gil Evans, l’Arte vive sempre nel presente. E, poi, pur essendo un gruppo pop, nei loro pezzi si trova un po’ di tutto: dai suoni della natura al jazz. “Money”, per esempio, ha degli accordi presi da “So What” di Miles Davis. Soprattutto nei concerti partivano dalla forma canzone per aprirsi all’improvvisazione che esprimeva la voglia di uscire dalla realtà per entrare in dimensioni diverse.»
Una vocazione alla fuga, intesa come libertà, che, mi sembra, abbia anche tu, non è vero?, chiesi. «Mi ritengo una persona con una sua spiritualità perché ogni tanto mi faccio delle domande che mi portano a percepire delle realtà diverse. La musica è, come diceva Pessoa, un modo di stare con sé stessi che porta inevitabilmente a guardarsi dentro, capendo delle verità che si ha, poi, voglia di comunicare».
Comunicazione che “passò” anche ad Aosta, lasciando, come disse il presentatore della serata Sergio Mancinelli, un’”impronta sonora” in un luogo che nei suoi duemila anni di Storia di impronte ne ha viste tante. Mai, comunque, lievi ed aggraziate come quelle della Marcotulli e dei suoi compagni, che seppero mettere la loro sapienza musicale al servizio di musiche celeberrime, “restituendo” loro quell’anelito fiducioso verso il futuro presente anche quando parlano di follia (“Shine on you Crazy Diamond”), di alienazione da denaro (“Money”), di depressione (“Goodbye blue sky”).
Di quella “diversità”, in una parola, che è alla base della guerra quotidiana tra Noi e Loro, ma che è anche quella che permette alla musica rivisitata dei “Pink” di essere quanto mai attuale in tempi, come i nostri, omologati. Perchè “in the end it’s only round and round (alla fine è solo un girotondo)”, e va a finire, come ha cantato Raiz nel pezzo finale, che “the sun is eclipsed by the moon”.
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