Per chi abbia intorno a cinquant’anni, gli Area rappresentano ben più di un gruppo musicale. Tra il 1972 ed il 1980 si distinsero, infatti, anche per coerenza e appassionato impegno politico. Doti che, nonostante l’indubbia bravura e creatività, finirono, però, per “segar loro le gambe”.
«Eravamo giovani e coinvolti nella ricerca di un cambiamento e abbiamo dato tutto quello che abbiamo potuto.- ha ricordato il chitarrista Paolo Tofani– Ma, quando siamo sbarcati a Londra per un contratto con la “Manticore”, come poteva un’etichetta con una fortissima componente manageriale ebrea dare spazio a musicisti italiani che incidevano un pezzo come “Luglio, agosto, settembre (nero)”, che stava dalla parte dei palestinesi?»
Quanto la loro “musica totale, di fusione e internazionalità” (da cui International POPular Group, la definizione che ne completa il nome) abbia lasciato il segno lo confermano l’interesse e la curiosità che hanno accompagnato l’ennesima reunion del gruppo, che il 30 marzo scorso ha toccato il Teatro Giacosa di Ivrea, nell’ambito dell’Open Jazz Festival.
Morti il cantante Demetrio Stratos ed il batterista Giulio Capiozzo, del nucleo storico sono rimasti Patrizio Fariselli (pianoforte e tastiere), Paolo Tofani (chitarra) e Ares Tavolazzi (contrabbasso e basso elettrico) che, affiancati, alla batteria da U.T. Gandhi, non hanno deluso le aspettative di nostalgici o meno, sciorinando gran parte del repertorio degli anni d’oro ormai sedimentato nella memoria collettiva di diverse generazioni di ascoltatori.
Si sono, così, ascoltati scampoli del loro album d’esordio “Arbeit Macht Frei” (la title track e, appunto, “Luglio, agosto, settembre(nero)”), di “Crac” del 1975 (“L’elefante bianco” e “Gioia e rivoluzione”) e di “Maledetti (maudits)” del 1976 (“Gerontocrazia”). Ma c’è stato spazio anche per “Sedimentazioni”, da “Chernobyl 7991”, l’ultimo cd pubblicato nel 1997 in trio, nei cui due minuti, ha detto Fariselli, avrebbero concentrato il meglio della loro produzione.
Musica, la loro, con meno rabbia in corpo ma ancora piena della gioiosa energia creativa sprigionata dalla bravura tecnica dei membri, da una certa dose di sperimentazione tecnologica (soprattutto da parte di Tofani, che, diventato monaco buddista col nome di Krishna Prem, costruisce strumenti a corda), e, soprattutto, da un affiatamento ed una voglia di comunicare inossidabili.«Con Demetrio condividevamo il desiderio di andare in fondo alle cose in un modo radicale», ha spiegato Tofani che, trentasette anni fa, scrisse “Gioia e rivoluzione” che rimane il miglior manifesto delle utopie lontane di cui il gruppo fu la colonna sonora.
GIOIA E RIVOLUZIONE
Canto per te che mi vieni a sentire . Suono per te che non mi vuoi capire. Rido per te che non sai sognare. Sono per te che non mi vuoi capire
Nei tuoi occhi c’è una luce che riscalda la mia mente . Con il suono delle dita si combatte una battaglia che ci porta sulle strade della gente che sa amare , che ci porta sulle strade della gente che sa amare .
Il mio mitra è un contrabbasso che ti spara sulla faccia, che ti spara sulla faccia ciò che penso della vita con il suono delle dita si combatte una battaglia che ci porta sulle strade della gente che sa amare