C’è stato un tempo in cui Fiorella Mannoia veniva spesso a Saint-Vincent. Per partecipare al “Disco per l’Estate”, ma, anche, per recarsi a Cervinia a sciare. Poi le puntate della cinquantottenne cantante romana si sono ridotte perchè il “Disco per l’Estate” è finito e lei si è rotta un ginocchio. Quando lo scorso 19 dicembre è tornata nella cittadina termale, per l’ultima tappa del suo Sud Tour, ha mostrato di essersi rotta qualcos’altro, indignata com’è per la preoccupante situazione sociale italiana toccata con mano durante il tour.
«Ho attraversato l’Italia da sud all’estremo nord- ha detto prima del concerto- ed ho visto un paese in affanno molto arrabbiato, disincantato e disilluso da una politica che non è stata capace di stare vicino alla gente, in particolare ai più deboli. Più che un paese in crisi, è una nazione corrotta dalle fondamenta.» Era una Fiorella indubbiamente diversa rispetto a quella che 11 anni prima si era esibita nello stesso Palais cantando di impetuosi “venti del cuore”. Adesso in primo piano c’era, invece, l’impegno civile che innerva il suo ultimo cd, “Sud”, dedicato a tutti i Sud del mondo e a Thomas Sankara, un leader carismatico del Burkina Faso ucciso nel 1987 durante un colpo di stato militare.
«Penso che l’impegno vada di pari passo con la difficile situazione che sta attraversando il nostro paese.- ha continuato- Incredibilmente, in Italia, si sono invertite le parti, per cui i politici fanno spettacolo e cantanti, comici ed attori fanno politica. Tutto l‘Occidente sta attraversando un momento di stallo economico, politico e culturale, per cui penso che se qualcosa di nuovo succederà verrà sicuramente da sud. Già l’America latina sta cercando di ribellarsi all’egemonia occidentale, e penso che questo avverrà anche nel nostro sud.» Un occhio particolare lo ha, come sempre, dimostrato per l’Africa da cui vengono due dei magnifici musicisti che l’hanno accompagnata a Saint-Vincent: i senegalesi Natty Fred (voce) e Kaw Sissoko (kora). Dai loro racconti e da quelli di altri musicisti del Burkina Faso sono nate anche le due canzoni (“Se solo mi guardassi” e “Il viaggio”) di cui la Mannoia per la prima volta ha scritto i testi. Ma di questo ritorno alla Madre Africa hanno risentito anche la scenografia del palco, gli arrangiamenti tribali curati dal percussionista Carlo di Francesco e, in molti brani, l’insospettata verve di ballerina messa in mostra dalla cantante, specie nella versione più sportiva in jeans glamour e tshirt .
Per il resto non si è fatta mancare niente passando dal reggae della sua versione di “Via con me” di Paolo Conte, all’adattamento di “Clandestino” («precariato clandestino, pensionato clandestino, esodato clandestino. E lo spread è illegal!»). Fino al rap di “Non è film” di Frankie HI-NRG MC. «Mi piace il modo che hanno i rapper di andare dritti al problema senza tanti giri di parole, per cui ho chiesto a Frankie di scrivermi una canzone sull’immigrazione. E lui mi ha costretto a rappare, cosa che non so fare, per cui mi piace, piuttosto, chiamare la mia una “recitazione sul tempo”. Nei concerti ho, poi, inserito un’altro suo pezzo sugli arrampicatori sociali, “Quelli che benpensano”, scritto nel 1997 ma ancora tremendamente attuale.» I momenti più intensi sono, comunque, stati gli antichi inni d’amore composti dai suoi amici cantautori: da Ruggeri a Fossati, da Vasco Rossi a Lucio Dalla (che ha ricordato interpretando “Cara”). Capace di risvegliare i fantasmi d’amore che popolano «quella parte di noi che l’infinito nasconde» si è rivelato anche un suo nuovo classico “Portami via” di Bungaro. “Stanotte volerò con tuoi occhi nascosta in ogni lacrima d’amore. Ricordi unici di sogni a perdere rubati insieme a te. Per questo canto.”