Che Fabrizio De Andrè adorasse Georges Brassens è cosa nota. Come pure che, in vari dischi, ne abbia registrato una decina di traduzioni. Ascoltando “Dodici ritratti”, appena pubblicato dai Band’Abord, sembra, invece, di ascoltare un De Andrè redivivo che di Brassens abbia tradotto in italiano e cantato un’altra dozzina di canzoni.
Il merito è del cantante Ivan Appino, la cui somiglianza timbrica vocale ha fatto sì che per una decina d’anni sia stato il cantante dei “Faber per sempre”, la più accreditata cover band di De Andrè guidata da Pier Michelatti (che dal 1981 in poi fu bassista di Fabrizio).
«Non è mai stato nelle mie intenzioni imitare a De Andrè.- si schermisce Ivan- Dato, però, che l’ho ascoltato fin da quando avevo 10 anni è inevitabile che il suo modo di cantare mi sia entrato dentro. Attraverso lui ho, così, conosciuto Brassens per il quale è nata una sorta di empatia che mi ha spinto a tradurlo. Attività che nel 2020 è stata incentivata dalla forzata immobilità cui mi hanno costretto un infortunio e, successivamente, la pandemia».
Per “vestire bene” queste traduzioni, appena possibile ha messo su un gruppo di amici musicisti piemontesi: Maurizio Verna (chitarre), Roberto Bongianino (fisarmonica, bandoneon), Viden Spassov (contrabbasso), Alex Cristilli (batteria).
Con loro ha registrato l’album “Dodici ritratti- Hommage à Georges Brassens”, che ha presentato l’8 febbraio al Lambic di Torino. Con loro si esibirà la sera del 25 febbraio al Bistrot Ramet di Frazione Ville 226, a Challand-Saint-Victor.
I brani scelti, poco battuti, coprono un decennio della produzione di Brassens: dall’iniziale “La traîtresse (L’intrigante)” a “Le petit jouer de flûteau (Il piccolo suonatore di flauto)” (che vede l’ospitata di Simone Boglia, primo piffero del Carnevale di Ivrea). E ancora “Hécatombe”, “Brave Margot”, “Non è l’età a contare (Le temps ne fait rien à l’affaire)”, “Le sirene della celebrità (Les trompettes de la renommée)”.
C’è anche “Il temporale (L’Orage)”. «So che in Valle d’Aosta ci sono L’Orage, perché è mio cliente Luca Moccia che ci suonava il contrabbasso». L’attività principale di Appino è, infatti, quella di liutaio a San Giorgio Canavese. Da 15 anni suona, inoltre, il contrabbasso jazz.
«Tra i tanti traduttori italiani di Brassens ammiro moltissimo Fausto Amodei. Le sue traduzioni in piemontese sono per me le più riuscite. Stravolgendo a volte le storie, col dialetto è riuscito a far affiorare l’ironia piemontese. Io ho provato a tradurne diverse altre canzoni, ma quelle che più mi soddisfacevano sono queste confluite nell’album».