Edificato nel 25 a.C. in occasione della vittoria dei Romani sui Salassi, l’Arco di Augusto è il simbolo dell’Augusta Prætoria Salassorum (l’attuale Aosta) costruita dopo quella vittoria.
Il monumento che più di tutti celebra la gloria dell’imperatore Cesare Ottaviano Augusto è stato, quindi, scelto dagli organizzatori di Aosta Classica come scenario per il concerto del pianista Roberto Cacciapaglia che la sera del 3 agosto ha solennizzato il Bimillenario della morte di Ottaviano.
Non poteva esserci musicista più adatto visto che il sessantunenne milanese è abituato a far risuonare il suo grand piano in luoghi carichi di storia: dal Duomo di Milano al Castello di Lerici, dal Teatro Carignano di Torino al Belvedere di Villa Rufolo a Ravello.
E’, poi, talmente di casa nel mondo che può dire che «l’unico luogo dove non sono andato è l’Antartide.» Aggiungendo: «Però ho scritto “Antartica”, il brano che ha accompagnato una recente spedizione di un gruppo di ricercatori che sono rimasti nella stazione antartica Concordia nove mesi a 80 gradi sotto zero. Un perfetto esempio di come in questa era in cui tutti si mettono in mostra ci siano persone che, invece, fanno un eccellente lavoro nell’ombra.»
Il pezzo è contenuto nel suo ultimo cd “Alphabet”, in cui con una innovativa tecnologia, ha cercato di fare emergere quell’“essenziale invisibile agli occhi”, e alle orecchie, di cui scriveva Antoine de Saint- Exupéry. «Registrando con 12 microfoni ho portato alla luce gli “armonici”, che sono suoni che non sentiamo, ma che, come diceva Pitagora, sono il fondamento dell’Universo., Visivamente corrispondono alle onde che, quando gettiamo un sasso in un lago, sembrano, ad un tratto, sparire ma, in realtà, continuano.»
Continua, così, anche la ricerca sonora iniziata quand’era ancora studente di composizione e musica elettronica al Conservatorio di Milano. Lì conobbe Franco Battiato, suonando in album come “Pollution”, e lì comincio a guadagnare qualche soldino componendo musiche per la pubblicità. «La prima, a 16 anni, mi ha reso 100mila lire.- ricorda- E’ stata una grande palestra, perché vi si impara il potere magnetico del suono e la sintesi, visto che in pochi secondi devi articolare un racconto sonoro compiuto.»
L’ha imparata talmente bene che adesso i suoi cd sono saccheggiati dai pubblicitari per colonne sonore di spot che sono nelle orecchie di tutti: dal “Lux libera nos” (dall’album “Tempus fugit”) che nel 2003 sonorizzò uno spot del Fernet Branca a “How long” (dall’album “Incontri con l’anima”) usato per “Levissima”. Per non parlare della sua “Times” che è diventata la colonna sonora di uno spot di Telecom Russia.
Nel suo bagaglio di esperienze ci sono anche le sperimentazioni pop rock con Gianna Nannini Giuni Russo, Alice e Ivan Cattaneo. «Dal rock, che è una musica molto diretta, ho imparato il gusto di mettere in secondo piano l’intelletto e prediligere le emozioni. Anche per questo con “Alphabet” sono tornato al pianoforte, in cui il gesto fisico congiunge l’emozione di chi suona con chi ascolta. Nell’elettronica c’è, invece, più costruzione e si arriva al paesaggio sonoro con un lavoro di tipo virtuale.»