“Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello!” La celebre invettiva di Dante Alighieri nel VI Canto del Purgatorio della Divina Commedia sarebbe stata perfetta per commentare il misero spettacolo delle recenti elezioni presidenziali italiane. Un paese, l’Italia, dove “l’un l’altro si rode / di quei ch’un muro e una fossa serra”.
Se non l’hanno usata i cronisti parlamentari, l’invettiva dantesca l’ha citata Michele Mirabella, commentando la notizia della rielezione del Presidente Mattarella, in apertura dello spettacolo “Mirabella racconta Dante”, che la sera del 29 gennaio ha portato al Teatro Splendor di Aosta nell’ambito della Saison Culturelle.
A riprova della grande attualità di un capolavoro, la Divina Commedia, a cui a volte si accenna ma che pochi, sempre meno, conoscono. In un sondaggio di Skuola.net molti tra 1000 studenti dell’ultimo triennio del liceo hanno risposto che la Divina Commedia sarebbe stata scritta da Omero, Virgilio o Pirandello. Che Dante avrebbe, invece, scritto “Romeo e Giulietta”. Che la Commedia sarebbe stata la storia della vita di Dante.
«I libri– ha, infatti, affermato il settantottenne regista, attore, conduttore televisivo e radiofonico pugliese– vanno testimoniati, sennò muoiono». Ecco, quindi, che nel 2020, in occasione del 700° anniversario della morte di Dante, ha ideato il percorso sul Sommo Poeta portato ad Aosta.
Si sono, così, ascoltati i versi del quinto e ventiseiesimo canto dell’Inferno (quello in cui Ulisse si presenta con un “ma misi me per l’alto mare aperto” che ha dato il titolo allo spettacolo), cenni del terzo (in cui Virgilio sentenzia “matto è chi spera che nostra ragione possa trascorrer la infinita via che tiene una sustanza in tre persone”) e del quinto canto del Purgatorio (dove tra i morti per forza c’è Pia de’ Tolomei).
Per finire con la Preghiera di San Bernardo alla Vergine del trentatreesimo canto del Paradiso.
Un viaggio raccordato con cenni sulla vita di Dante ed arricchito da riferimenti ad altri grandi della letteratura (Shakespeare, San Francesco, Ovidio), immagini e i commenti musicali. «Accompagnamento musicale non filologico ma stimolato da me», ha precisato Mirabella. Ecco, quindi, le musiche di Rachmaninov, Schumann, Mozart e Piazzolla eseguite dal Duo Mercadante formato dal clarinettista Rocco Debernardis e dal pianista Leo Binetti.
Il tutto valorizzato dal magnetismo comunicativo che ha fatto di Mirabella un’autorità indiscussa della divulgazione televisiva. In particolare con la trasmissione “Elisir”, che, su Rai 3, conduce quasi interrottamente dal 1996. «Fui scelto dalla dirigente Lucia Restivo che ebbe l’idea di portare l’educazione medico scientifica in prima serata. Funzionò perché io sono un tipo che si documenta e poi, come aveva intuito, per fare passare certi argomenti al pubblico ci voleva l’istrionismo della mia arte oratoria».
Nel 2019 è arrivata addirittura la Laurea honoris causa in Medicina e Chirurgia conferitagli dall’Università di Bari “per l’indiscussa esperienza nel campo della divulgazione scientifica e medica”.
La sua autorevolezza nel campo della comunicazione sarebbe, forse, servita nell’affrontare meglio l’attuale emergenza infodemica?
«Sono stato anche interpellato dal ministro, ma la comunicazione è stata difficile in tutto il mondo. E, poi, comunicazione a chi? A un popolo sgomento con una bella fetta di scettici. La comunicazione ha fatto quello che disperatamente poteva fare. Ma i media hanno diffuso un gigantesco pulviscolo di nozioni che comprendeva anche molte stupidagini e nei dibattiti televisivi c’era troppa gente che ha parlato facendo primeggiare il proprio ego ipertrofico sulla verità. Troppe sciocchezze sotto il cielo e poco senso del ridicolo».
Tra gli innumerevoli programmi radiofonici e televisivi che Mirabella ha condotto in Rai, alcuni, come “Ventieventi” e “Abbiccì- L’ha detto la tivvù”, cercavano di difendere il corretto uso della lingua italiana.
«Lo stato di salute della lingua italiana è pessimo. E’ di moda infarcirla di barbarismi e anglicismi inutili e ignorare la sintassi. E, purtroppo, sono pochi coloro che la difendono. Mi auguro che nel giuramento che il Presidente della Repubblica presterà ci sia una frase in difesa della nostra lingua. E spero che la scuola abbandoni la tolleranza viscida ed inutile che giustifica tutto».