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Musica valdostana

I flash mob musicali degli OMBRA

1 Ombra (by gaetano lo presti) IMG_1984

1 Ombra (by gaetano lo presti)IMG_1985Le loro apparizioni, in concerti organizzati da altri, sono state, finora, improvvise, veloci e non annunciate come flash mob. Per incuriosire ancor più si sono, poi, dati un nome, Ombra, di “chi c’è non c’è e non si sa cosa farà.” In realtà due di loro, il batterista Sergio Milani ed il chitarrista Marco Brunet, sono noti per essere stati tra i protagonisti degli ultimi trent’anni di rock valdostano. Separatamente e, insieme, nei mitici Kina, il cui concerto d’addio si è svolto lo scorso dicembre. «E’ proprio per staccare nettamente dall’esperienza precedente- spiega Milani- che facciamo un folk rock caratterizzato dalla fisarmonica di Andrea Robin Preillan, un autodidatta che si è fatto le ossa suonando nelle feste popolari e suona la fisa come se fosse una chitarra elettrica.»

1 Milani (by Gaetano lo presti)IMG_1987Si spiega, così, perché il gruppo (che è completato al basso dall’italo-siriano Ismail Fayad) abbia in repertorio gighe e pezzi folk-punk anglo-irlandesi di Pogues e Flogging Molly sui quali Milani canta suoi testi, in italiano, molto duri. Chi, infatti, è andato al di là del festoso “casino felice” che ha caratterizzato le loro esibizioni alla Festa della Liberazione del 25 aprile ed al decennale degli Iubal Kollettivo Musicale del 1° maggio, ha potuto apprezzare versi che parlano dello stato di guerra permanente con la società per rimanere se stessi (“Pazzo”) o, più specificatamente, contro il conformismo che uccide i sogni della “sporca vecchia Aosta” (“Se cado”).

Dedicata alla memoria corta dei valdostani per un personaggio scomodo come Enrico Thiebat è, infine, “Ninna nanna per Enrico”. «E’ nata– spiega Milani- dalla polemica sulla proposta di intitolargli lo Splendor che non mi ha trovato assolutamente d’accordo. Ritengo sia meglio che lo si ricordi in privato.» “Canteremo e berremo nel ricordo di te, che bestemmi e ridi”, ripete, infatti, nel ritornello, mandando, alla fine, a quel paese lo Splendor (“…e lo Splendor, ma vaffanculo”).

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