“Sant’Orso in Aosta protettore contro i soprusi dei potenti”. In Valle pochi lo sapevano, e, più che altro, nessuno se n’era accorto (della protezione). Ha rimediato Vinicio Capossela, che la sera del primo dicembre, sul palco del Teatro Splendor di Aosta, ha snocciolato tutte le virtù di Sant’Orso e San Grato, protettori anche “contro la siccità, le malattie del bestiame, le intemperie, le alluvioni, i parti difficili, i reumatismi e il mal di schiena”.
«Questo tour “Ombre nell’inverno” è sotto l’egida di Sante Nicola.- ha spiegato dopo il concerto– Per cui mi piace cercare le sue parentele coi santi locali, così ho trovato tutti questi patronati stupendi dei vostri. Ho sempre avuto una predilezione per l’orso in generale, ed il vostro Sant’Orso mi è simpatico perché si è mantenuto fedele alle origini. Non come quelli che, emigrati in America, hanno finito per diventare dei teddy bear (orsacchiotti di peluche: n.d.r.). Anche Sante Nicola ha preferito lasciare il mestiere di portatore di doni al Santa Claus yankee, tenendo per sé gli speciali cerini che donano la facoltà di potersi parlare.»
I cerini sono riusciti ad “accendere” anche il pubblico che gremiva lo Splendor, coinvolto nelle spaventevoli (“lo spavento è sano, perché artigianale. La paura è, invece, creara industrialmente’ dal Potere”) atmosfere della Cupa, “la contrada oscura” popolata da un bestiario fatto di spiriti diabolici ed apparizioni misteriose, ricreata dal suggestivo teatro d’Ombre della milanese Anusc Castiglioni. Non ombre di corpi ma, piuttosto corpi dell’anima proiettati sui veli che avvolgevano una scarna scenografia rischiarata da fuochi accesi su un bidone arrugginito e dalle lucine di un piano-bar (alle cui bottiglie il cantautore ha molto attinto).
«Nelle canzoni del mio ultimo album– ha continuato- ho rielaborato il mondo popolare del piccolo paese abruzzese di cui è originario mio padre, che, secondo me, non è poi tanto diverso dalla Valle d’Aosta. Più che tra Nord e Sud, l’Italia cambia, infatti, passando dalla realtà urbana a quella più interna dei piccoli paesi, con la loro dimensione fatta di senso appartenenza che si sta, purtroppo, perdendo.»
Come nelle feste ci sono, poi, degli “accampanti” (gli imbucati non invitati), così nel concerto di Capossela si sono intrufolati diversi suoi cavalli di battaglia, spesso sotto le false vesti di versioni particolari, come, per esempio, l’“Ovunque proteggi”, accompagnata da un organetto di Barberia. «Mi piace l’inverno, la montagna e dicembre, e stasera ad Aosta cerano tutte e tre.- ha concluso il cantautore- Con in più una neve lieve e complice, fuori dal teatro (ma, a tratti, l’ha ricreata anche all’interno:n.d.r.), che non ha impedito il ritorno. In passato ad Aosta abbiamo suonato mentre veniva il diluvio universale, con il grande Paolo Ciarchi, uno che suonava anche i cactus. Ma, anche, per Telethon e, addirittura, al Casinò di Saint-Vincent, dove, però, non abbiamo vinto niente. Non me la sono mai sentita, invece, di affrontare le montagne, perché penso che la montagna va rispettata. Come sosteneva il mio amico Chinaski: le cose più grandi di te bisogna lasciarle in pace.»