Per una, come Elisa Tomellini, che l’8 luglio 2017 ha fatto sul Monte Rosa il concerto per pianoforte più alto al mondo (ai 4460 metri del ghiacciaio del Colle Gniffetti), suonare ai 2300 metri degli alpeggi di Thoules, nella Conca di By di Ollomont poteva sembrare quasi un gioco da ragazzi. In realtà sono state tante le variabili con cui il 26 luglio la virtuosa genovese ha dovuto fare i conti. «Oltre al vento ed alle condizioni atmosferiche,- aveva anticipato nei giorni precedenti- ci saranno i desideri del pubblico e le mie sensazioni del momento». Per incanto tutto, poi, è andato per il verso giusto. Miracolosamente, per quanto riguarda le condizioni atmosferiche che hanno regalato una finestra di bel tempo prima di un violento temporale. Prevedibilmente, per le qualità artistiche della virtuosa genovese, che si è destreggiata da par suo in un programma in cui è passata dalla Ballata n.4 di Chopin al “Clair de lune” di Debussy (che, insieme al “Chiaro di luna” di Beethoven ha celebrato il cinquantennale dell’allunaggio). E, ancora, suoi autori preferiti come Rachmaninov e Piazzolla (“Oblivion” ed un “Libertango” con tanto di citazione de “La Canzone di Marinella” di De Andrè).
Enfant prodige, Elisa ha cominciato a 6 anni una brillante carriera, che, secondo il quotidiano inglese “The Guardian”, ne fa attualmente “uno fra i più brillanti talenti di questa eccezionale generazione di giovani pianisti”. E questo nonostante per dodici anni abbia abbandonato il concertismo per un periodo sabbatico dedicato all’esplorazione delle montagne di vari continenti. Dal Nepal alla Valle d’Aosta, dove ha vissuto 7 anni.
A Cogne ha conosciuto Barbara Tutino, l’artista che che ha realizzato il MODARC, l’«arco modulare» in acciaio corten che due anni fa ha posto a Les Thoules, proprio dove Elisa si è esibita.
«E’ un omaggio al transito secolare delle genti,– ha spiegato Barbara- in questo caso tra Valle d’Aosta e Svizzera. Grazie a Simona Oliveti, assessore alla Cultura, e Joel Creton, sindaco di Ollomont, ho potuto collocarlo nella meravigliosa conca di By, in prossimità del col Fenètre. L’arco è costituito da due parentesi unite al vertice e contiene lo spazio sospeso tra qui e là, simboleggiando il passaggio tra un “prima” e un “dopo”.» Elisa al termine del concerto lo ha attraversato, definendolo l’arco della speranza. «Barbara– ha raccontato- mi ha detto che dovevo farlo pensando ad una cosa che volevo lasciare alle spalle. Il mio augurio è stato che si trasformi in un arco della speranza che lasci alle spalle la poca curiosità verso il diverso e la paura che rende la vita più triste e incolore.»