«Io il pallone l’ho toccato alla quarta partita per tre secondi. Prima ho preso solo delle gran botte, senza neanche capire da che parte arrivassero». Nonostante questo traumatico inizia le, il Rugby è diventato il grande amore del giornalista aostano Roberto Mancini. Una passione che trasuda nel suo libro “Non sono bello ma placco”, pubblicato dalla Tipografia Valdostana, che gli è stato commisionato dallo Stade Valdôtain del presidente Francesco Fida per festeggiare il mezzo secolo di questo sport in Valle d’Aosta.
L’Aosta-Rugby fu, infatti, fondato nel 1971 da alcuni ragazzi aostani che si erano innamorati dello sport, un po’ per il fascino di partite e personaggi mitici francesi che andavano a vedere in televisione a Chamonix e molto per le analogie che aveva con le ideologie del Sessantotto di cui i padri fondatori della società erano imbevuti. Li conquistò, in particolare, l’idea del pastore anglicano William Webb Ellis di esorcizzare la violenza che è in ognuno di noi educando allo scontro leale e corretto che formasse il fisico ed il carattere dei giovani.
«Il rugby è uno sport socialista.- afferma Mancini- La solidarietà e la fratellanza sono obbligatori: da solo ti menano. L’essenza del gioco è il sostegno al portatore di palla che è oggetto della violenza degli avversari. E per noi sessantottini questo riconduceva alla società che sognavamo che avrebbe dovuto soccorrere i deboli».
Oltre a Mancini, i superstiti di quei padri fondatori sono Pinuccio Tringali, Marco Bennani e Ferruccio Spuldaro. E’ con loro che il giornalista ha cominciato a scavare nei ricordi dando il via ad un’appassionante caccia al tesoro, in cui ha fatto incetta di foto e ricordi, e che dopo 8 mesi di lavoro, ha prodotto un libro di 220 pagine.
Se il “gruppo di tagliagole” che si riuniva al Bar Ruitor si era trasformato in un embrione di squadra molto lo si dovette ad un personaggio come il primo presidente Aronne Borsetto, un ispettore delle Poste rodigino, che diede alla società una struttura e trovò come primo allenatore un altro veneto: il maggiore Edy Covi, ufficiale della SMALP. Seguirono 5 anni di sconfitte e sofferenze («ero un flanker,– ricorda Mancini- cioè la cavalleria leggera che arrivava prima dove c’era la palla, e, in attesa dell’arrivo della cavalleria pesante, prendeva un sacco di botte. Io mi sono rotto due costole»), prima che ci fosse il salto di qualità grazie all’arrivo di alcuni giocatori liguri e del disciolto Ivrea Rugby.
Negli anni Ottanta ci fu il periodo d’oro della grande Gagliardi di Pinuccio Tringali e degli Irish Robert O’Daly e Barry Flinn.
E’ seguito un periodo di crisi, che il 24 luglio 2005 ha portato alla nascita dello Stade Valdôtain, che nel 2015, sotto la presidenza di Francesco Fida, ha trovato la sua sede nello stadio di Sarre.
Tra gli innumerevoli personaggi di cui Mancini ha scritto (sono 236 i nomi riportati nell’indice) spiccano quelli di alcune ragazze che tra il 2003 ed il 2014 hanno dato vita all’avventura delle Vichinghe: dalle fondatrici Emanuela Dandres e Lucia Di Toma a Nicoletta Dalto, dal 2020 delegato nazionale Fir. Con insospettabili giocatrici come le cantanti liriche Anna Pirozzi, pilone di grande grinta e densità fisica, ed Arianna Donadelli, agile ed aggressiva centro o mediano di mischia.