Il nome ostico, Ernst Reijseger, e la musica avventurosa fanno sì che il violoncellista olandese (Bussum, 13 novembre 1954) non goda di una vasta popolarità. E’, però, un “musician’s musician”, idolatrato da molti suoi colleghi. Uno di questi è, sicuramente, il trombettista torinese Giorgio Li Calzi che nel 2015 fece carte false per inserirlo nella sua rassegna ChamoiSic, riuscendo ad ospitarlo, il 29 luglio, nel corso di una anteprima della rassegna che si svolse nella sala consiliare del Municipio di Valtournenche.
«L’olandese è un musicista davvero pazzesco che ha creato un suo universo sonoro collegandosi a musicisti provenienti da varie parti del mondo.– commentò Li Calzi- Può avere un impatto istrionico, ma sa sempre essere molto profondo. Avrei voluto portare anche Werner Herzog, magari per una proiezione inserita nel Cervio Cinemountain.» Nel 2004 e 2005 Reijseger ha, infatti, scritto le colonne sonore per due film di Werner Herzog (“The White Diamond” e “The Wild Blue Yonder”) in cui il nostro pianeta- deturpato o, addirittura, distrutto- viene guardato dall’alto: da un dirigibile nel primo caso e un’astronave nel secondo.
Se ne trova traccia nell’album “Requiem for a Dying Planet” che Reijseger presentò il 2 aprile 2007 alla Saison Culturelle. Al Théâtre de la Ville di Aosta la preghiera del “griot” senegalese Mola Sylla si mescolò con la morra dei Tenore de Orosei. E i loro canti con l’aria “Dank sei dir Gott” di Haendel e i suoni cameristici e contemporanei del violoncello di Reijseger. Melting pot che, grazie al geniale e funambolico olandese, divenne musica sublime, anche perchè sublimata in forma di comunicazione comunitaria e rituale di appartenenza.
Lui che nel 2010 è arrivato a suonare coi 140 giovani violoncellisti della Mega Kinder Cello Orkest,a Valtournenche si esibì da solo. Dapprima sconcertando e, poi, conquistando il pubblico col suo approccio iconoclasta e ludico allo strumento e, più in generale, alla musica che lo ha visto anche applicare alle sue corde effetti vari, pizzicarlo come una chitarra, percuoterlo come fosse una percussione ed suonare andando in giro per la sala consiliare. «Non sono azioni perfettamente coscienti.– spiegò- Per fare un viaggio sonoro devi muoverti. Specie quando il pubblico è statico. Gli effetti che si producono e le reazioni che hai quando ti muovi moltiplicano le possibilità che un musicista ha rispetto a quando si limita a stare seduto su una sedia.»