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Cantautori

Così, ad Aosta, parlò (e cantò) MOTTA

Motta 2.jpgDue volte Francesco Motta è venuto ad Aosta, per la Saison Culturelle, e due volte è stato ospite di un talk show. Il 28 gennaio 2017 fu uno dei partecipanti del Tenco Talk condotto da Enrico De Angelis, il 2 dicembre è, invece, salito sul palco dello Splendor in coppia con Marco Rainò, architetto, designer ed “esploratore” di relazioni inattese tra varie discipline. E’ quest’ultimo l’ideatore del format Sinopsìa che nelle edizioni precedenti aveva ospitato Samuel dei Subsonica e Samuele Bersani. La formula usata anche questa volta di intervallare momenti di dialogo a versioni acustiche di canzoni del trentatreenne cantautore pisano ha portato Rainò a parlare di “una sorta di intervista aumentata”, in cui la parola è il vettore per riflettere sul medium canzone, suscitando sinopsìe, che sono fenomeni psichici che sinestesicamente associano sensazione sensoriali diverse. Motta, com’è più semplicemente noto, ha raccontato di quando, da ragazzo, ebbe una “febbre imperiale” per cui nelle due settimane in cui dovette stare a riposo iniziò a suonare tutto quello che trovò in casa. «Cercai di suonare “L’Isola che non c’è” di Bennato, uno che mi piaceva perché raccontava favole.- ha ricordato- Per fortuna quell’isola non l’ho trovata.» Continua a “suonare male tanti strumenti“, ma il polistrumentismo gli è servito per fare gavetta suonando con Nada, Zen Circus, Pan del Diavolo e Giovanni Truppi. La carriera solista è, invece, iniziata nel 2016 con l’album “La fine dei vent’anni”, prodotto da Riccardo Sinigallia con cui ha vinto la Targa Tenco 2016 nella categoria “Opera prima”. Motta 3Nel 2018 i singoli “Ed è quasi come essere felice” e “La nostra ultima canzone” hanno anticipato la pubblicazione del secondo album “Vivere o morire” che ha vinto la Targa Tenco 2018 quale miglior disco in assoluto. «I premi Tenco sono abbracci di persone competenti.- ha commentato ad Aosta- Solo che a questo punto la domanda sorge spontanea: e il terzo album come cazzo lo faccio?» Lo sta già facendo con canzoni che compone partendo da un “gancio emozionale per poi cambiare il punto di vista”. «Scrivere canzoni è come un viaggio.- ha spiegato- Devi essere fragile e capire quello che non hai e quello che non sei. Uso la musica per stare meglio.» Sul palco dello Splendor è stato sicuramente meglio quando, imbracciata la chitarra, ha cantato “Abbiamo vinto un’altra guerra”, cui sono seguite “Il Natale è il 24” di Piero Ciampi e “Vivere o morire”. Canzoni non proprio ottimistiche. «Non esistono canzoni tristi, quanto piuttosto interpretazioni tristi.– si è giustificato- In Ciampi c’è una malinconia con un germe di positività, la vedo come un abbraccio al ricordo che ti porta a fermarlo in un’immagine immutabile, che non puoi cambiare. In Toscana godiamo spesso di malinconia, anche nei film in cui va a finire che ridi e poi piangi senza sapere cosa è successo.» A proposito di film ha raccontato di essere reduce dal Torino Film Festival dove ha presentato il film “Letto n. 6”, ambientato in un ospedale psichiatrico, diretto da Milena Cocozza ed interpretato dalla moglie Carolina Crescentini. «Ho curato la colonna sonora (ha studiato composizione per film al Centro sperimentale di cinematografia di Roma, ndr).  Anche nella musica da film, come nelle canzoni, l’importante è il racconto. E’ più importante il punto di vista che quello che fai. Non bisogna, però, accontentarsi del proprio punto di vista ma cambiare prospettiva. Bisogna porsi in una zona di no confort in cui poter essere spugna ed immaginare.»Rainò-Motta.jpgIl dittico “Mi parli di te” e “Mio padre era comunista” ha permesso a Francesco di parlare del suo rapporto col babbo (“Io e mio padre ci siamo abbracciati poco, per questo nelle mie canzoni parlo molto di lui”) e della sua fede politica (“Abbiamo già detto quattro volte “comunista”, meno male che non se n’è andato nessuno”). Dopo la canzone manifesto “La fine dei vent’anni” e “Sei bella davvero” (ispirata da una persona transgender), il brano conclusivo è stato “Dov’è l’Italia”,con la quale ha partecipato all’ultimo Festival di Sanremo. «La canzone– ha raccontato- è nata da una chiacchierata a Lampedusa con il marinaio di un caicco che mi ha raccontato le sensazioni provate dall’incontro con un barcone di migranti. Ho voluto partecipare al Festival per l’urgenza espressiva di cantare quella canzone, su quel palco.» Piazzatosi al 14º posto della classifica finale, il brano ha vinto la serata dei duetti, dove l’ha eseguito con Nada. Vittoria che ha diviso la platea dell’Ariston, tanto che la proclamazione è stata accolta con un coro di fischi. «I fischi mi hanno ispirato una canzone per il mio nuovo album.- ha commentato- Dopo il Festival sono più fortemente disincantato di prima, perché ho incrociato molte persone che per mestiere fanno perdere il fuoco. In fondo, però, la cosa che mi preme di più è andare a letto contento per avere fatto quello che volevo.»Sinopsia 2019.jpgNadia-Motta.jpg .

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